Category : Spettacoli
il p(r)ezzo della vita di un uomo
“E voglio un pappagallo
voglio solo un pappagallo
da portare sulla spalla
che mi sia da testimone”
di e con Marco Gobetti | co-direzione Anna Delfina Arcostanzo
Ri-allestimento 2009 – Primo debutto nel 2005.
Una rocambolesca corsa fra tinte gialle rosa e noir, una tragicomica lotta contro ogni tempo e ogni spazio: Matthew Smith conoscerà se stesso solo alla fine, quando diventerà emblema e rivelazione di un esecrabile anonimato del dolore.
Scheda:
Di come quando e perché quattro studenti, avendo sbranato un preside, cambiarono vita e nome, ovvero: per la creazione di un nuovo mito. L’azione volta a creare un nuovo mito culmina con il debutto dello spettacolo che evoca la storia.Siamo alla ricerca di uno sponsor che, sostenendo la realizzazione dello spettacolo, contribuisca all’azione LA TRAGEDIA DELLA LIBERTA’ di come […]
Storia d’Italia e di persone da Giovanni Corrao a Giovanni Falcone “Ho scoperto di essere italiano, ho scoperto di essere contemporaneo; ho scoperto che esistono azioni stupide che mi divertono immensamente – e non solo a me: facciamole allora… o no? – e ho scoperto che non riuscire a smettere di ridere provoca una tristezza […]
Una bomba per cintura
“Non ci saranno tagli. Non integrazioni. Non correzioni. Sarà la vita di qualche giorno. E la vita non si rimaneggia. Al massimo si ricorda. No,non vi racconterò di quando ero bambino. I ricordi li ho precipitati nella turca, con l’ultima cacata”.
testo e recitazione Marco Gobetti | co-direzione Anna Delfina Arcostanzo, Simona Gallo, Marco Gobetti | luci Simona Gallo
Ri-allestimento 2008. Primo debutto nel 2006. Spettacolo in repertorio.
Un operaio il pomeriggio di un venerdì d’estate non uscì dalla fabbrica e si rintanò nel cesso. Lì trascorse il fine settimana, scrivendo per due giorni e tre notti su un computer palmare e facendo precise richieste: se queste non fossero state accettate entro le ore 6 del lunedì successivo, l’operaio si sarebbe fatto esplodere con il cesso, i muri e le macchine della fabbrica.
Questo è un fatto realmente accaduto, ma nessuno lo sa e nessuno lo saprà mai. Perché nessuno è autorizzato a crederci.
scheda_IN-EC-CESSO-una_bomba_per_cintura
È in atto nelle fabbriche una costante rigenerazione degli atti di potere, sotto forma di un mobbing silenzioso e logorante: il terrorismo psicologico fatto di sguardi, urla – o “non sguardi” e silenzi – e subdole disumanità. Atti di potere ignorati e sottovalutati, che l’ingresso dell’informatica nell’industria ha definitivamente offuscato, creando robot perfettamente mascherati: semidei imbellettati competenti e rassicuranti da una parte e uomini sani saggi tranquilli e felici dall’altra.
Oggi accade spesso che per gli operai, i pensieri e i sogni – nell’attimo stesso in cui nascono – si trasformino rispettivamente in peccati gravi ed illusioni.
Le fabbriche sono specchio fedele della società occidentale contemporanea, fiera dei suoi più diffusi ingredienti:
– una classe dirigente spaccona impreparata ed arrancante, manovrata da uno stato maggiore furbo sprezzante e interessato;
– una cittadinanza licenziata da anestetici ora dolcissimi ora amarissimi, vittima e artefice del proprio inarrestabile precariato culturale.
Fra i due ingredienti un muro pesantissimo, reso perfettamente invisibile ad arte, da forze superiori molto terrene.
Occorre smettere di bere spettacolo e di dare spettacolo: urge diventare spettacolo, per ritornare ad esistere.
Recuperare passato e presente, per agire pacificamente ma intelligentemente. Lavorare non per sopravvivere, ma per vivere guadagnando futuro.
Dopo un’anteprima al Teatro Out Off di Milano nel 2006, IN-EC-CESSO – Una bomba per cintura debuttò in prima nazionale a Venezia al Teatro Fondamenta Nuove nel 2007 e fu poi replicato in vari festival e stagioni, approdando persino su strada – in versione adattata – con il Teatro Stabile di Strada®.
Il ri-allestimento per la Festa FIOM 2017, avviene nella significativa cornice dello Spazio MRF.
Estratto di rassegna stampa:
«Bisogna per forza mettersi in posizioni inconsuete…». Per forza. Per farsi ascoltare, per essere presi sul serio, per vincere la cortina anestetica dell’indifferenza, anche per dire banalità, ma banalità che pesino, che facciano rumore come un’esplosione.
Nei panni di jeans scolorito di un operaio esasperato dal mobbing, nauseato dalla catena di montaggio e ingannato dagli affetti, Marco Gobetti sta in equilibrio su un piede solo e racconta al pubblico del San Rocco una strana storia di rabbia e alienazione. Ha un computer palmare in una mano, un cellulare nella tasca e una bomba per cintura. Parla circondato da un recinto di carta igienica, le mura immaginarie e puzzolenti del bagno di una fabbrica: «il lavandino che gocciola sulla sinistra, l’orinatoio sulla parete di fondo. È importante che li visualizziate, perchè non conta tanto quello che dico, ma il cesso intorno». Un cesso: posizione inconsueta che l’operaio Ludovico si è andato a cercare un venerdì pomeriggio, poco prima della fine del turno di lavoro. Lì si è barricato e ci rimarrà per tre giorni; poi, se le sue richieste non verranno accettate, salterà in aria con cesso, mura e fabbrica. Perchè «uno crede sempre di dire le cose così, per dire, e invece le dice per fare…».
La bomba l’ha costruita seguendo le istruzioni di un giornale; la rabbia per farla esplodere l’ha accumulata in anni di piccoli e grandi maltrattamenti: un ec-cesso (come recita il titolo di questo inquietante ma iperrealistico monologo) di violenze psicologiche, delusioni, frustrazioni, logorio di nervi. Ha tre giorni e due notti per raccontarli, per scrivere un copione che continuamente disfa in un trita-documenti e ricompone sullo schermo del palmare, per spedire le sue parole via e.mail a qualcuno che forse ci crederà e le porterà in scena. Ha tre giorni e due notti per riprendersi la parte di protagonista della sua vita, per «smettere di bere spettacolo e dare spettacolo», per «diventare spettacolo, ritornando ad esistere».
Giorgia Marino – www.valenzaalchemica.it – 3 novembre 2007
E’ opera di fantasia ma del tutto verosimile e alquanto sconvolgente questo curioso monologo di Marco Gobetti, attore ed autore che nel suo percorso dosa saggiamente esperienze in compagnia o in solitudine. Queste ultime però sono sempre marcate da una strenua esigenza narrativa. Vuole raccontare, e lo sa fare bene, certe storie. Come questa di un operaio barricatosi nel cesso di una fabbrica, esasperato dal mobbing, vessato da innumerevoli grandi e minute violenze; ha un palmare e un cellulare, comunica con l’esterno tramite e-mail e qualche furente risposta a un telefonino dotato di buffa suoneria, che sdrammatizza, perché il contesto è tragico. Appiccicata al busto, il protagonista ha una cintura di esplosivi. Si farà saltare in aria se la direzione non accetterà le sue richieste, che sono di poter andare a funghi qualche mattina, di avere insomma una vita più libera, scardinata dalla produzione. Quasi dialoga con il pubblico; su un palchetto rettangolare traccia limiti di carta igienica. Screzia di ironia un’attesa snervante, snocciolando un soliloquio di ottima fattura.
Maura Sesia – La Repubblica, 15 settembre 2007
Come in un telegiornale, non si dà più il debito peso ai temi stringenti quando scorrono con noiosa, quotidiana implacabilità. La prima sorsata di birra è quella che conta, le altre a seguire diventano volume: così la parola kamikaze – simbolo attualissimo dell’estremo sprezzo per la vita – e la crisi della condizione operaia, tra mobbing come minaccia di licenziamento ed esternalizzazione in Paesi più agevoli, sono sempre più presenti e al tempo stesso più aeree nei media. Anche per tali motivi In-Ec-Cesso – una bomba per cintura, pièce che Marco Gobetti porta nel weekend in prima nazionale al Teatro Fondamenta Nuove di Venezia, va osservata con grande attenzione. Essa mette lo spettatore di fronte all’imminenza non concitata, al sereno ultimatum, consentendogli però i minuti per analizzare le motivazioni, sforzandosi di condividerle. Quello che il teatro, essendo vita, sempre dovrebbe porsi tra gli obiettivi. La rappresentazione inizia nei bagni, ove l’uditorio è condotto, e si fa scena sovrapponendo diversi piani narrativi, dall’interpretazione in soggettiva alla lettura dal documento, con riserva di variare ad ogni replica. “Lo riscriverò – specifica Gobetti – a seconda dei visi che mi troverò e mi sarò trovato di fronte. E dei cibi che avrò mangiato. E dei vini che avrò bevuto o non bevuto. E dei pezzi di vita che avrò vissuto.Questo copione è stato fatto per essere disfatto”. Sullo sfondo ma sempre presenti, i temi del ritorno al luddismo via e-mail e dell’autoconservazione, che forse per una volta non ha la meglio sull’abbandono finale di un ambiente dove pur sempre “l’operaio conosce trecento parole e il padrone mille, per questo è il padrone”, come nella lezione di Fo. Parole nuove, magari inglesi e articolate a esprimere modernità. Inserita nel cartellone della rassegna Dissezioni, dedicata al teatro sperimentale italiano, In-Ec-Cesso sosterà nella sede lagunare le due serate di venerdì 13 e sabato 14: l’autore torinese ne cura anche la regia, qualifica maturata in parallelo ad un’intensa vita attoriale che dal 1993 lo ha portato a collaborare con numerosi protagonisti dei circuiti underground, fino al teatro di strada.
Enrico Veronese – Il Venezia, 11 aprile 2007
“A val nen tant ël seugn:
col seugn a l’é la spluva ch’a ‘nvisca ‘l feau.
A val còsa ch’a l’é capitàie dòp”
“Non vale tanto il sogno:
quel sogno è la scintilla che accende il fuoco.
Vale ciò che è capitato dopo”
Testo e recitazione Marco Gobetti
Direzione Anna Delfina Arcostanzo, Marco Gobetti
Disegno luci e allestimento Simona Gallo
Burattino Andrea Rugolo
Musiche Fabio Viana
Fotografie Pierfilippo Mancini
“L’Anciové sota sal” è uno spettacolo realizzato nel 2011 dalla Compagnia Marco Gobetti con il sostegno di Regione Piemonte – Assessorato alla Cultura, Fondazione TRG Onlus e Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare
Il testo L’anciové sota sal riceve nel 2009 il premio speciale della Fondazione TRG Onlus
nell’ambito del “Premio per un testo teatrale nelle Lingue del Piemonte”, indetto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte; è pubblicato nel volume 14 della collana dedicata al Premio, fra i Libri editi dal Centro Studi Piemontesi – Ca dë Studi Piemontèis.
La storia
Un uomo sogna una notte di essere un venditore di acciughe che finisce sotto sale fra le sue stesse acciughe, dentro al barile che le contiene. Questo è un sogno che lascerà il suo segno nella vita dell’uomo e in quella delle persone che incontrerà:
“A val nen tant ël seugn: / col seugn a l’é la spluva ch’a ‘nvisca ‘l feau. / A val còsa ch’a l’é capitàie dòp”
Nell’”Anciové sota sal” si sperimenta un uso poetico e contemporaneo del dialetto piemontese, in un allestimento fondato sulla coesione fra componente attoriale, visiva e musicale. Lo spettacolo ha tre brevi intermezzi in italiano: una sorta di prologo in itinere che ogni volta riassume ciò che è avvenuto e anticipa ciò che avverrà, pure per facilitare la comprensione a chi non conoscesse il dialetto.
“( … ) Si tratta di un lavoro intrigante in cui un attore sogna di essere un venditore di acciughe chiuso in un barile con le sue acciughe sotto sale. Niente nostalgia, quindi, e niente folclore, ma piuttosto l’idea di riscoprire un mestiere antico per incastonarlo in una vicenda contemporanea, e di innescare in tal modo un percorso capace di mutare il destino. «Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà», ci ricorda Pasolini. Qui il dialetto è un piemontese codificato, ricercato con valenza straniante per raccontare l’ ombra oltre le cose. Da vedere”.
Alfonso Cipolla – La Repubblica – 14 giugno 2011
è solo un altro incidente
“Le immagini sono dentro di noi. Fermarsi a guardare sapendo di potere fuggire è un godibilissimo ballo in maschera. Verranno giorni che non basterà guardare. Allora cercheremo il silenzio altrove. E non basterà neppure ridere. Perché capiremo che sarà già fin troppo sorridere. Un sorriso già riempirà il cuore. Se verrà da un’immagine a noi cara”
di Marco Gobetti | recitazione e direzione Dario Buccino, Ruggero Dondi, Marco Gobetti | luci Christian Zucaro, Simona Gallo | Costumi Federica Sala
Debutto nel 2009 – Compagnia Marco Gobetti con il sostegno del Sistema Teatro Torino e il Patrocinio della Città di Torino e della CGIL
La storia
Cristo si reincarna in un ladro che, tornando dal mare alla guida di un’auto rubata, è vittima di un incidente; soccorso, ruba un’ambulanza e scappa. Vittima di un altro incidente – non riesce a centrare la porta di un casello -, viene estratto dal mezzo in fiamme. Stranamente il corpo non presenta ustioni, ma ha segni di frustate e una ferita nel costato. L’uomo chiede da bere e poi parla: “Adesso che sono tornato, mi reincarnerò in molti altri”. Detto questo, scompare. La notizia si diffonde e centinaia di persone si accalcano in caserme, ospedali e parrocchie, avanzando il sospetto di essere il Cristo. Il Vaticano prende cautamente posizione. La situazione precipita quando si scopre che il corpo di un operaio estratto da una fabbrica in fiamme, oltre che segni di frustate e una ferita nel costato, ha una corona di spine in testa…
Il progetto continua
Del 2013 il radiodramma “Cristo è morto in fabbrica: solo un altro incidente”, in cui si racconta il prosieguo della storia: il testo è pubblicato nella collana Nuove oralità
La scheda:
Matthew Smith: il p(r)ezzo della vita di un uomo
“Voglio un pappagallo
voglio solo un pappagallo
da portare sulla spalla
che mi sia da testimone”
di e con Marco Gobetti
luci Simona Gallo
Una rocambolesca corsa fra tinte gialle rosa e noir, una tragicomica lotta contro ogni tempo e ogni spazio: Matthew Smith conoscerà se stesso solo alla fine, quando diventerà emblema e rivelazione di un esecrabile anonimato del dolore.
Le battute sono palline o fucilate. Dipende da come le accartocci e le tiri.
“LINDA – Che cos’è che ti posso dire?
GIUSEPPE – Puoi dirmi se sono magri.
LINDA – Perché fai così? Giuseppe!
GIUSEPPE – Ma dov’è ‘sto Giuseppe? Perché parli con lui? – Ma nooo!!! Giuseppe sei tu! – Finiscila di contarmi palle. Tutte palle. Un mare di palle. Le palle di sempre. Anni di palle. Palle grosse e palle piccole. Solo palle. Ma tutte palle. Una vita di palle. Una palla.
Sono stufo.
Mamma e papà non li voglio vedere.
Loro no.
LINDA – E chi vuoi vedere?
GIUSEPPE – Io?
LINDA – Sì, tu. C’è qualcun altro qui?“.
di e con Anna Delfina Arcostanzo e Marco Gobetti | allestimento Simona Gallo | musiche Mario Actis
Ri-allestito nel 2008. Compagnia Marco Gobetti con il Patrocinio della Città di Torino
Un uomo e una donna.
Lui veste una divisa militare e ha un paio di scarponi ai piedi, lei ha i piedi scalzi e indossa un vestito a fiori.
Lui è tornato da una guerra. Lei no.
Lei vuole festeggiare il suo ritorno. Lui non vuole.
Lei vuole che lui ricordi di quando si volevano bene e di suo nonno e delle storie che raccontava e di tante altre cose, ma lui non vorrebbe: forse ricorderà. Lui tiene tanto ai suoi scarponi.
Lei vuole che lui riveda i propri genitori, lui non vorrebbe: forse li rivedrà. Lui tiene tanto ai suoi scarponi.
Lei canta e vuole che lui canti, lui non vorrebbe: forse canterà. Lui tiene tanto ai suoi scarponi.
Lei vuole che lui si tolga la divisa, lui non vorrebbe: forse la toglierà. Lui tiene tanto ai suoi scarponi.
Lei vuole che lui si tolga gli scarponi.
E glielo chiede tante volte.
Lui non vuole. E nega tante volte.
Lei insiste tante volte. Lui le chiede un bacio in cambio, tante volte.
E lei glielo nega, tante volte.
Ma che cosa c’è negli scarponi?
I meccanismi della Shoah nella storia dell’uomo
“Per ricordare non occorrono più date: occorre fare di ogni giorno occasione di memoria. Creare memorie. Memorie di noi vivi nonostante tutto. Capire, ogni sera prima di andare a dormire, come abbiamo fatto a salvarci”
testo e recitazione Marco Gobetti | musica dal vivo Dario Buccino | direzione Dario Buccino, Marco Gobetti | luci e suono Simona Gallo
Debutto 2008. Spettacolo in repertorio
Un attore e un musicista evocano lo sterminio degli ebrei nel secolo scorso e i possibili – o già accaduti – genocidi contemporanei, attraverso un’analisi che accosta fra loro le infinite violenze mortali nel corso della Storia; e i pensieri di Hitler con tanta comunicazione politica moderna. Su tutto l’urgenza di creare nuove memorie.
La scheda: La memoria non è mai cimitero
Di come un pesce di nome Logos, che in greco significa parola… “…conobbe una rondine di nome Fos, che in greco significa luce; un vitellino di nome Edoné, che in greco significa piacere; un’ape di nome Sofia, che in greco significa sapienza; una tartaruga di nome Anànche, che in greco significa necessità; una balena di […]