“A val nen tant ël seugn:
col seugn a l’é la spluva ch’a ‘nvisca ‘l feau.
A val còsa ch’a l’é capitàie dòp”
“Non vale tanto il sogno:
quel sogno è la scintilla che accende il fuoco.
Vale ciò che è capitato dopo”
Testo e recitazione Marco Gobetti
Direzione Anna Delfina Arcostanzo, Marco Gobetti
Disegno luci e allestimento Simona Gallo
Burattino Andrea Rugolo
Musiche Fabio Viana
Fotografie Pierfilippo Mancini
“L’Anciové sota sal” è uno spettacolo realizzato nel 2011 dalla Compagnia Marco Gobetti con il sostegno di Regione Piemonte – Assessorato alla Cultura, Fondazione TRG Onlus e Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare
Il testo L’anciové sota sal riceve nel 2009 il premio speciale della Fondazione TRG Onlus
nell’ambito del “Premio per un testo teatrale nelle Lingue del Piemonte”, indetto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte; è pubblicato nel volume 14 della collana dedicata al Premio, fra i Libri editi dal Centro Studi Piemontesi – Ca dë Studi Piemontèis.
La storia
Un uomo sogna una notte di essere un venditore di acciughe che finisce sotto sale fra le sue stesse acciughe, dentro al barile che le contiene. Questo è un sogno che lascerà il suo segno nella vita dell’uomo e in quella delle persone che incontrerà:
“A val nen tant ël seugn: / col seugn a l’é la spluva ch’a ‘nvisca ‘l feau. / A val còsa ch’a l’é capitàie dòp”
Nell’”Anciové sota sal” si sperimenta un uso poetico e contemporaneo del dialetto piemontese, in un allestimento fondato sulla coesione fra componente attoriale, visiva e musicale. Lo spettacolo ha tre brevi intermezzi in italiano: una sorta di prologo in itinere che ogni volta riassume ciò che è avvenuto e anticipa ciò che avverrà, pure per facilitare la comprensione a chi non conoscesse il dialetto.
“( … ) Si tratta di un lavoro intrigante in cui un attore sogna di essere un venditore di acciughe chiuso in un barile con le sue acciughe sotto sale. Niente nostalgia, quindi, e niente folclore, ma piuttosto l’idea di riscoprire un mestiere antico per incastonarlo in una vicenda contemporanea, e di innescare in tal modo un percorso capace di mutare il destino. «Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà», ci ricorda Pasolini. Qui il dialetto è un piemontese codificato, ricercato con valenza straniante per raccontare l’ ombra oltre le cose. Da vedere”.
Alfonso Cipolla – La Repubblica – 14 giugno 2011
This entry was posted on giovedì, dicembre 19th, 2013 at 21:36
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