STRAD-RAMA

Nato nel 2018, STRAD-RAMA è un progetto drammaturgico-attoriale che coniuga avventura, provvisorietà e rigore artistico degli artisti coinvolti; e fa perno su un’idea di “disordine intelligente”, tesa a un teatro che indaghi sulla propria natura intrinsecamente pedagogica e assuma funzioni contaminanti.
Nei suoi sviluppi STRAD-RAMA, si propone di:
– realizzare su strada ri-scritture di opere teatrali o letterarie pre-esistenti;
– testare e ottimizzare su strada drammaturgie già scritte (sia di spettacoli in repertorio, sia che mai siano state rappresentate);
– scrivere su strada testi teatrali ex novo.

Ogni stanzialità di STRAD-RAMA può avere durata diversa: da un’ora, a un giorno, sino a periodi di una o più settimane nello stesso luogo.

Sessioni possibili
L’anciuvé suta prucess

Per l’azione è utile – oltre al contributo creativo del drammaturgo, dell’attore e del pubblico – quello di altri attori o di un regista o di qualunque altro artista; disposti tutti a trarre suggestioni vicendevoli da un lavoro impostato secondo il principio della co-direzione.
Si tratta di una sperimentazione autonoma e complementare ad altre possibili messe in atto, costruita empaticamente su strada (o in qualunque altro spazio) con il coinvolgimento paritario di pubblico, attori, registi e drammaturghi.
Un’operazione che, in ogni sua declinazione, non esclude e anzi intende contaminare utilmente la successiva eventuale produzione in termini canonici dello spettacolo che potrà nascere dal testo (in caso di testo mai “rappresentato”) o la successiva replica (nel caso in cui il testo sia strumento di uno spettacolo già in repertorio); ma che già di per sé può sortire come effetto una spettacolarità agile, adatta alla rappresentazione in qualunque spazio (dalla strada, alla sala, al grande o piccolo teatro).
E’ una azione drammaturgico-attoriale che vitalizza la ri-scrittura e favorisce la ricerca di nuovi pubblici, da realizzarsi su strada, o nei cortili o anche prevedendo l’utilizzo di spazi non convenzionali già presenti all’interno dei teatri della città in cui avviene; oltre che di spazi non convenzionali “altri”, che facciano da volano per un ricambio costante del confronto pubblico (bar, scuole, biblioteche).
Uno – o più d’uno – di questi spazi – nel caso di stanzialità lunghe – potrebbe essere base e ritorno per incursioni della banda di STRAD-RAMA da e verso altri luoghi aperti della città, dal centro alla periferia e viceversa.

Le stanzialità lunghe (una o più settimane) di “STRAD-RAMA” si inaugurano con una serata in cui l’attore drammaturgo evoca la “maschera contemporanea” di Hilario Halubras, quale esempio di drammaturgia pubblica su strada, dedicato agli attori e al pubblico.
Hilario Halubras nacque tramite 20 prove pubbliche su strada di fronte all’Università di Torino, nell’estate del 2010. Soldato in missione all’estero e vittima di morte apparente a causa dell’esplosione di una granata, giunge a vivere una bizzarra avventura, chiuso nella bara dentro la stiva dell’aereo che lo rimpatria in Italia. Un’avventura che si fa origine precisa e che diventa contenitore drammaturgico ideale per ripercorrere vicende storiche oltre ogni limite di tempo e di spazio. La prima puntata delle sue avventure si è consumata nello spettacolo “1863-1992 Di Giovanni in oltre – Storia d’Italia e di persone da Giovanni Corrao a Giovanni Falcone”.

Nella serata che inaugura il lavoro, la vicenda di Hilario Halubras si può intersecare, a mo’ di viatico, con quella del testo affrontato.

Basi pratiche

Testare la nuova drammaturgia su strada, programmando in modo pubblico e inedito le fasi di prova, messa in scena e debutto di nuovi testi, risponde a una poetica precisa di Marco Gobetti, che nel 2007 ricevette dalla Regione Piemonte il “Premio per la Valorizzazione delle espressioni artistiche di strada”; e che da oltre un decennio porta la “prosa su strada” tramite un’azione che si è scientemente e progressivamente ibridata con quella svolta all’interno del sistema teatrale consueto, perseguendo la trasformazione del meccanismo di produzione (in ogni sua fase) in meccanismo esso stesso spettacolare.

Fra le tante azioni svolte su strada nell’ultimo decennio: i monologhi con il Teatro Stabile di Strada®, le prove pubbliche di testi destinati ai palcoscenici tradizionali (primo fu “Cristo muore in fabbrica: solo un altro incidente”), la scrittura pubblica su strada (La vera storia di Hilario Halubras) o le performance (dalle “Opere e i giorni” di Esiodo in greco antico alla Costituzione Italiana captata nell’aria con un’antenna in testa, ai “libri sulla strada“), che avvenivano con illuminazione a gas e un piccolo apparato scenico trasportato su un carretto a mano; sino a eventi quali la lettura integrale dell’opera di Cesare Pavese, che impegnò tre attori (accampati in cima a una collina) per 14 ore al giorno per sette giorni e 8000 watt di amplificazione disseminati fra i filari di una vigna; o la “Metamorfosi su strada” (a Lugano, in ricordo del passaggio di Kafka), che rendeva itinerante l’azione di sei attori e due musicisti che si alternavano su palchi attrezzatissimi in punti diversi della città. Ultime ad essere realizzate sono state le sessioni di “teatrosustrada” (GRM – Fare a pezzi il teatro – teatrosustrada.2019/20, teatrosustrada.2018/19teatrosustrada.2017teatrosustrada.2016  e teatrosustrada.2015).

Scopo ultimo è una contaminazione del sistema teatrale tramite intelligenti disordini; benefici riconoscibili, sono la rivalutazione del teatro come “fatto magico e sociale” – per usare le parole di G. R. Morteo – e la ricaduta immediata in termini di produzione culturale, a fronte di ogni fase produttiva.

Approfondimenti

L’azione avviene sia in luogo chiuso (spazi teatrali non convenzionali, bar, biblioteche, scuole…) sia all’aperto, andando a toccare piazze, vie o altri luoghi pubblici della città. I partecipanti agiscono dunque, in parte in uno spazio a loro dedicato e, in parte, direttamente di fronte al pubblico estemporaneo degli spazi cittadini, che vengono così a fruire e ad essere “abitati” dall’azione stessa. Attraverso la valorizzazione dell’avventura e della provvisorietà, si sperimenta un teatro che ha come primo scopo quello di cercare un pubblico per tentare di accadere, divenendo. Dunque si offre pure ai cittadini una spettacolarità inconsueta, quella fatta da persone che accettano il rischio di fallire creando pubblicamente.
Ciò avviene nella convinzione che contino le azioni. E che solo se un’azione nasce da un’urgenza può sortire un effetto. Che preparare un’azione non significa prevedere ciò che faremo, bensì abbandonarsi a ciò che ci accadrà, per cercare di fare accadere qualcosa. Che ci si può allenare all’abbandono. Che occorre avere il coraggio di confondersi, di sperimentare avventura. Che un teatro possibile è quello di cittadini fra cittadini. Che proprio la creazione deve nutrirsi di provvisorietà. Gli artisti si possono fare artigiani di incontri. L’incontro è tanto più vero quanto più la sua provvisorietà è condivisa con il pubblico: si può provare a fare un teatro che nasca proprio dagli incontri, anziché pretendersi compiuto per affrontare incontri. Si può sperimentare un teatro che abbia il coraggio di mostrarsi brutto, perché sta tentando di avvenire. Si può, non si deve. La certezza di essere nel giusto è la nemica peggiore dell’avventura. Un teatro fatto con i gesti e con le parole incerte di chi abita uno spazio a lui nuovo, ma non trovandosi da solo ha bisogno di cercare mezzi utili a comunicare.
Gli attori che riscrivono o scrivono su strada, assumendosi il rischio di fallire creando pubblicamente, accettano di operare in condizioni di paura e di difficoltà. Davanti a testimoni sempre nuovi, ad un pubblico cercato e trovato che, oltre che raggiungere gli attori, sia raggiunto dagli attori.
Agli spettatori incontrati, non vengono proposte spettacolarità pronte: con il pubblico si scende a patti, si chiede attenzione, si racconta e si mostra quello che sta avvenendo, con la coscienza che da una curiosità reciproca può nascere lo stupore.
Si sperimenta un teatro che non ha fretta di trovare armonie, che rifugge i virtuosismi e la forma fine a sé stessa. Un teatro che inizia inchiodando il corpo dell’attore alla gestualità deviata di chi ha semplicemente dei fogli in mano e deve guardarli senza dimenticare che più avanti, oltre a quei fogli, ci sono altri corpi e altri occhi. Un teatro di chi con quei fogli in mano non si limita a leggere, ma vive dialogando, raccontando e agendo in uno spazio condiviso con un pubblico.
Base degli attori è quindi la piazza (o il luogo chiuso non convenzionale) di partenza dove affinano la drammaturgia, scrivono e interpretano il copione, usano metodi quali il racconto a soggetto per sintesi e ritorno, organizzano le spedizioni verso altri luoghi della città.

La co-direzione

Gli attori e gli artisti che lavorano nel progetto “STRAD-RAMA” agiscono secondo il principio della “co-direzione”. È una direzione intransitiva: è dirigersi, non dirigere. Non consiste nel dare agli altri e a sé stessi regole per potere agire, quanto nell’agire con i modi che spazi, tempi, luoghi e relazioni suggeriscono; consiste nel dirigersi verso uno o più punti, visibili o invisibili, reali o immaginari; nel cercare percorsi utili a interpretazione, comunicazione e partecipazione; nel vestirsi di un rigore non dettato né imposto né previsto, ma frutto di scoperta progressiva e dunque necessario e connaturato all’autore della scoperta. Un co-direttore esterno (l’autore dei copioni e delle altre proposte, che può essere co-adiuvato da un secondo drammaturgo, da un regista e – nel caso del lavoro su opera letteraria – da storico o studioso dell’opera stessa) convoglia i pensieri e le azioni autonome proponendo soluzioni armoniche.